Un tecnico che turna su una scuola diversa ogni giorno della settimana a volte anche su più scuole. Un profilo del tutto inedito, che si sposta a sue spese e a suo rischio, in barba ad ogni contratto
Dall’anno scorso, con la pandemia, è stata introdotta la figura dell’assistente tecnico di laboratorio anche nelle scuole dell’infanzia, della primaria e secondaria di primo grado, con l’obiettivo di sostenere i processi di attività didattica in via telematica, la Dad.
Un profilo professionale, fino ad allora, inserito soltanto nelle scuole secondarie superiori, pienamente contrattualizzata, con una precisa configurazione tecnico-giuridica connessa ad aule speciali e laboratori.
Per anni – sottolinea il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi – abbiamo sollecitato la presenza di un tecnico in ogni scuola. Richiesta declinata ogni volta come non attuale.
Nel 2021 vengono fatte mille assunzioni. Una operazione che incide sulle casse dello Stato per poco oltre 31 milioni di euro, su base annua.
Accade poi che, a causa della limitatezza del numero dei tecnici, il rapporto con le scuole si attesti mediamente su un rapporto di un tecnico su cinque scuole. Ecco, allora, che il loro utilizzo, viene disposto, in maniera del tutto irrituale (meglio illegittima) sulla rete di scuole
(meccanismo utilizzato per motivazioni di carattere prevalentemente organizzative che mediamente ne aggrega una decina) e non sui singoli istituti.
Prende corpo, di fatto, una figura sconosciuta al nostro ordinamento scolastico: l’assistente tecnico itinerante. Una sorta di tecnico volante che turna su una scuola diversa ogni giorno della settimana e a volte anche più. Un profilo del tutto inedito che si sposta a sue spese e a suo rischio e pericolo, anche in tempi di pandemia.
Da un’inziale attività di consulenza e supporto alla didattica, si è passati ad una attività di sostegno diffuso che si esplicita con una presenza fisica quotidiana nelle scuole della rete, senza alcun riconoscimento economico, né un trattamento indennizzante.
Le decisioni che la politica assume per la scuola – osserva Turi – devono rispondere alle logiche della scuola, non della politica. L’idea di una figura professionale, a specializzazione tecnica, utilizzata à la carte dalle scuole mostra limiti evidenti e una mancanza di visione nei riguardi del lavoro. Distorsioni che non possono essere mantenute e rischiano di aprire la strada ad una inaccettabile anomalia per il lavoro a scuola, che invece va saldamente regolato dai contratti di lavoro.