IL MINISTRO AZZOLINA SI ASSUMA LE SUE RESPONSABILITÀ

IL MINISTRO AZZOLINA SI ASSUMA LE SUE RESPONSABILITÀ

Turi: un classico italiano, gridare al complotto per nascondere le proprie inefficienze.

Mentre i nodi arrivano al pettine, assistiamo ad una reazione scomposta del ministro dell’Istruzione, che con il ricorso ad una serie infinita di luoghi comuni e stereotipi – le donne, il sessismo, la resistenza al cambiamento, il sindacato cattivo – si costruisce un ruolo di vittima sacrificale alla vigilia di una apertura della scuola che come un mantra ripete ossessivamente (chissà se ci crede anche lei).

Bisogna trovare il colpevole! Cosa c’è di più facile che individuarlo nel sindacato, come se ce ne fosse uno soltanto, come il ministero che è, o dovrebbe essere, uno solo.
Come se non sapesse – il ministro – che il sindacato ha una base di centinaia di migliaia di lavoratori, oggi disorientati dalle sue decisioni, che non si sentono rappresentati da un ministro autoreferenziale, che non tollera la critica.

Eppure, per non sbagliare, la critica serve. Certo al suo interno si è circondata di una ‘corte’ scelta tra i propri amici che non osano darle torto e chiama sabotaggio tutto ciò che non coincide con un suo desiderio.

Fortunatamente esistono ancora i sindacati, liberi di esprimere le proprie opinioni, e vederli uniti nelle critiche, molto costruttive, dovrebbe fare riflettere.

Il cambiamento lo rivendichiamo continuamente, ma non a scapito dei diritti e delle aspettative dei lavoratori che dovranno sentirsi parte di un progetto che non c’è.

Non basta invocare la collaborazione vuota e sterile, chiedendo di remare nella stessa direzione.
Ministro, in quella direzione ci sono gli scogli, ci andiamo a schiantare.

Lo dicono le forze politiche: ma ‘loro’ non valgono perché fanno lotta politica.
Lo dicono gli esponenti di maggioranza: ma ‘loro’ sono invidiosi e vorrebbero il suo posto.

Signor ministro, non possiamo finirla con la storia del ricatto sindacale?
Quel ricatto lo hanno subito i sindacati, non posto.
Si è agito secondo un suo ricatto politico ed ora, è chiaro a tutti che è stato un errore.
Che dire poi dell’orgoglio della GPS?
Una idea che ha trovato anche il nostro consenso, ma che non è compatibile con i tempi,  con la realtà.

Ecco, il vuoto tra virtuale e reale è il problema. E non basta «sentirsi una donna al posto giusto al momento giusto, arrivata con un percorso selettivo» (Sic..)
La politica non è un concorso pubblico, è la ricerca del consenso che deve essere riconosciuto.

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