Il Documento di Economia e Finanza 2023 sancisce la linea del Governo di proseguire nell’estinzione programmata della Pubblica Amministrazione. I numeri parlano chiaro: nel 2022 l’incidenza sul PIL della spesa per le retribuzioni dei dipendenti pubblici è diminuita rispetto al 2021, nonostante l’aumento del 5,8% per via degli effetti economici dei CCNL 2019-2021.
L’incremento di spesa registrato nel 2022 è risultato inferiore alle previsioni. Fra le cause indicate vi è il “rallentamento” delle procedure concorsuali. Eppure ci avevano spiegato che grazie al “decreto reclutamento” 80/2021 i concorsi pubblici si sarebbero espletati in tempi velocissimi.
Nel 2023, invece, si registrerà un incremento di spesa (+1,2% per via dell’indennità una-tantum prevista nell’ultima legge di bilancio) a cui farà seguito un netto abbattimento nel 2024 (-1,6%) e una stabilizzazione nei due anni successivi. In ogni caso, nel 2026 si spenderanno circa 1,5 miliardi di euro in meno rispetto al 2023 per redditi da lavoro dipendente nelle P.A., di cui un miliardo saranno sottratti alle retribuzioni dei dipendenti delle amministrazioni centrali.
Dinanzi a questi tagli è difficile aprire una trattativa seria sul rinnovo per il CCNL 2022-2024. Il DEF sancisce un blocco di fatto anche delle assunzioni: da qui al 2026 la P.A. ha bisogno di 726mila unità solo per sostituire coloro che andranno in pensione (previsioni ANPAL-Unioncamere).
I numeri del DEF sono spietati: non ci sarà nessun recupero dei livelli occupazionali pregressi e nemmeno una sostituzione completa delle uscite. Le iniziative di lotta sindacale, dunque, acquistano un significato maggiore: la nostra partecipazione alle assemblee nei luoghi di lavoro e alle manifestazioni unitarie interregionali di Bologna (6 maggio), Milano (13 maggio) e Napoli (20 maggio) sarà la migliore risposta che potremo dare.